Diritto di Musica, dovere di ascolto.
«Taranto non è contro l'industria, ma le macchine degli italiani non dovrebbero essere costruite sulla pelle dei tarantini, abbiamo già dato» queste sono le parole di Michele Riondino direttore artistico della manifestazione insieme ad Antonio Diodato e Roy Paci che dal palco dell’Uno Maggio Taranto hanno dato inizio alla Festa finalmente dal vivo dopo due anni di pandemia.
Il concertone porta di nuovo nella capitale martoriata dell’acciaio italiana la musica che fa pensare e saltare. Preziosa è la presenza dei 99 Posse band Napoletana che nasce da quel progetto “sociale” concretizzata in Officina 99. Zulù fa ancora correre il ragazzo e la sua canzone è il manifesto di un’intera generazione disillusa e delusa dalle storture che la società dei consumi ha prodotto. Raccontare un concertone dal vivo è ancora un’esperienza analogica senza filtri dove la musica si suona e le canzoni si cantano. Sul palco il meltin pot di esperienze musicali diverse. Si ritrovano ad esempio la voce di Chiara Galiazzo che incontra la tromba di un’immenso Fabrizio Bosso che qualcuno paragona e non ha torto al nuovo Miles Davis.
Uno Maggio Taranto è un miracolo di produzione dal basso: non ci sono sponsor non ci sono i sindacati che pagano. Tutto è realizzato grazie al contributo volontario di cittadini e cittadine che permette ancora oggi al Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti di conservare il sogno utopico di liberare Taranto e i suoi abitanti dalla mille piaghe sociali che l’attanagliano.
Secondo Simona Fersini (Presidente del Comitato) gli operai e le operaie tarantine devono essere protagoniste di una transizione ecologica giusta e che il ricatto lavoro o morte non deve essere più consentito. Taranto con i suoi contrasti affascina sempre e anche il luogo del concertone con i suoi “grattacieli” disimpegna la mente e lo sguardo da quelle visioni quotidiane che le due gigantesche coperture, già arrossate, dei parchi minerari producono.
A Taranto da sempre si parla anche di diritti negati, di sfruttamento dei lavoratori, processi migratori e guerre. Quest’anno sul palco le voci di Riccardo Noury (portavoce italiano di Amnesty International), Aboubakar Soumahoro (attivista sindacale) che ha dedicato un minuto di silenzio in ricordo alle lavoratrici e ai lavoratori caduti sul lavoro, Cecilia Strada (figlia di Gino) che ha ricordato il ruolo importante delle Ong che salvano le vite nel Mediterraneo.
La Musica, le parole, i racconti sono il mezzo che portano libertà e «La cultura è la presa di possesso della propria personalità, è conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri» (Antonio Gramsci, 1916)